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Immagine del redattoreRiccardo Castellini

Protocollo pre-trattamento per minimizzare il rischio di contagio COVID-19

Il protocollo prevede 4 punti in sequenza:


1- inalazioni per 10 minuti con una soluzione di acido acetico ad una concentrazione dello 0,34% o con KOVIRINFLU 300ML

2- uno sciacquo con una soluzione all’1% di perossido di idrogeno

3- uno sciacquo con una soluzione di iodopovidone all'1% per 30”

4- uno sciacquo con clorexidina 0,2-0,3% per 1 minuto.


Queste indicazioni devono intendersi solamente per cure con carattere di urgenza e legate a paralisi facciali o problemi dell'articolazione temporo-mandibolare ove il trattamento deve per forza essere effettuato a viso scoperto ( cioè senza mascherina per il paziente) . Ogni altro tipo di trattamento non urgente va rimandato al termine del periodo di emergenza, stabilito dalle ordinanze ministeriali.


La diffusione dell’infezione da Coronavirus è stata definita “pandemia” dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Il virus SARS-CoV-2 che causa la malattia Corona Virus Disease (COVID-19) ha mostrato un’elevata capacità di trasmissione attraverso le goccioline di saliva emesse durante colpi di tosse, starnuti o parlando.


L’uso domiciliare e quello pre-trattamento dei collutori ha dimostrato di avere un effetto di riduzione della carica batterica e virale contenuta nella saliva dei pazienti. Purtroppo però non ci sono evidenze scientifiche che confermino la possibilità di eliminazione del Covid-19.

Il mondo scientifico a livello odontoiatrico ha voluto definire una serie di regole comportamentali per garantire assistenza ai pazienti che necessitano di cure urgenti. Il mondo della riabilitazione e della fisioterapia invece non si è ne interrogato a livello internazionale ne espresso.

Sono state pertanto analizzate e testate, da parte degli odontoiatri, varie sostanze per stabilire un protocollo preventivo.

La Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP), in accordo con le principali società scientifiche odontoiatriche nazionali, ha definito - tra le altre norme da adottare per minimizzare il rischio di contagio - un protocollo da adottare in studi dentistici, che debbano trattare pazienti in questo periodo di emergenza.

Non avendo avuto nessuna indicazione a riguardo dell'ordine dei fisioterapisti ho pensato di attenermi a questo protocollo.

Il protocollo prevede, in sequenza:

uno sciacquo con una soluzione all’1% di perossido di idrogeno (una parte di acqua ossigenata a 10 volumi e due parti di acqua) oppure uno sciacquo con una soluzione di iodopovidone all'1% per 30”L’uso di povidone è supportato da un articolo del 2006 pubblicato su Dermatology, anch’esso su studi in vitro e su virus SARS


uno sciacquo con clorexidina 0,2-0,3% per 1 minuto.


È bene sottolineare che queste indicazioni devono intendersi solamente per cure con carattere di urgenza e legate a paralisi facciali o problemi dell'articolazione temporo-mandibolare ove il trattamento deve per forza essere effettuato a viso scoperto ( cioè senza mascherina per il paziente) . Ogni altro tipo di trattamento non urgente va rimandato al termine del periodo di emergenza, stabilito dalle ordinanze ministeriali.

L’efficacia dei collutori è infatti limitata al virus contenuto nella saliva presente in bocca la momento dello sciacquo. Nuova saliva (con il virus all’interno) viene continuamente prodotta dalle ghiandole salivari e liberata all’interno del cavo oralee pertanto il collutorio non ha effetto sul virus contenuto nella saliva prodotta al termine dello sciacquo.

Per questo motivo l’azione del collutorio è solo momentanea.


A questo protocollo ho deciso di abbinare un protocollo di disinfezione delle vie aeree pubblicato da dei ricercatori italiani per ridurre la carica virale contenuta nell'aria espirata dal naso. La soluzione proposta nello stuidio è stata preparata utilizzando 3,5 cucchiai da dessert (circa 35 ml in totale) di aceto (con una concentrazione del 6% di acido acetico) in 500 ml di acqua bollente. I pazienti sono stati istruiti ad inalare esclusivamente i fumi della soluzione attraverso il naso per 10 minuti. Nelle conclusioni gli autori suggeriscono che la disinfezione con acido acetico potrebbe non solo migliorare il decorso clinico del COVID-19, ma anche ridurre la carica virale nelle vie aeree e nelle goccioline espirate dagli individui infetti ed è questo il motivo per cui ho deciso di inserirla nel mio protocollo.



APPROFONDIMENTO 1

Può il perossido di idrogeno (l’acqua ossigenata) ridurre il tasso di ospedalizzazione e le complicanze dell’infezione da Sars Cov 2?

È la domanda che dà il titolo a una lettera di un pool di ricercatori napoletani alla Infection Control & Hospital Epidemiology della Cambridge University pubblicata il 22 aprile scorso che invitavano a avviare studi di verifica. A cinque mesi la proposta dei ricercatori rimbalza su diversi media italiani e diventa un trend di lettura. Quello che può sembrare assurdo ovvero l’uso dell’acqua ossigenata nella profilassi del coronavirus è un banalissimo suggerimento per la disinfezione delle mucose dell’orofaringe e del naso che come abbiamo imparato sono le vie di ingresso di Sars Cov 2. Le proprietà antisettiche dell’acqua ossigenata, usata spesso anche per disinfettare piccole ferite, sono note a tutti e ovviamente alla comunità scientifica. “Il perossido d’idrogeno – spiega Antonio Del Prete, docente di Oftalomologia all’Università Federico II – come antisettico del cavo orale, mediante regolari sciacqui della mucosa orale (concentrazione al 3 per cento) almeno tre volte al giorno, e allo 1,5 per cento mediante nebulizzazione delle cavità nasali, e infine l’utilizzo dello iodopovidone allo 0,6 per cento istillato come collirio 2 volte al giorno, possono risultare particolarmente efficaci nella prevenzione dell’infezione generata da quello che è noto come coronavirus”.L’articolo, a firma anche di da Arturo Armone Caruso, Antonio Ivan Lazzarino, Lucia Grumetto e Roberto Capaldi, medico, suggerisce che da studi sul comportamento del virus è emerso che questo “staziona”sul muco che ricopre le cellule epiteliali per poi progredire fino a esse e replicarsi. È proprio in questa fase che il virus è più debole e può essere aggredito prima che raggiunga la mucosa tracheale, che, come dimostrato da studi sui macachi, avviene dopo circa due giorni dall’infezione. Secondo i ricercatori “l’ efficacia del perossido di idrogeno è da ricondursi non solo alle sue ben documentate proprietà ossidanti e di rimozione meccanica, ma anche grazie all’induzione della risposta immunitaria innata antivirale mediante sovraespressione del TLR3 (Toll Like 3), riducendo pertanto complessivamente la progressione dell’infezione dalle alte alle basse vie respiratorie”.

I ricercatori suggeriscono l’uso dell’acqua ossigenata “subito dopo la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi presunta di Covid e durante la malattia a casa in quarantena o nei pazienti ospedalizzati che non richiedono cure intensive. “Nessun danno è stato osservato” scrivono i ricercatori dopo i gargarismi. La lettera si chiudeva con l’invito a incoraggiare studi sull’efficacia della disinfezione tramite acqua ossigenata.



APPROFONDIMENTO 2

Durante l’inizio dell’epidemia di COVID-19 è cominciato a circolare negli ambienti odontoiatrici un articolo pubblicato sull’International Journal of Oral Sciences, pubblicato da autori cinesi dell’Università di Chengdu, intitolato “Transmission routes of 2019-nCoV and control in dental practice”. L’articolo offre un’approfondita analisi sul rischio infettivo nello studio dentistico e sui mezzi per prevenirlo ed è stata una importante base di discussione per impostare le linee di sviluppo della gestione del rischio infettivo negli studi.  

Nell’articolo gli autori raccomandano l’uso di sciacqui con perossido di idrogeno all’1% o povidone allo 0.2% per l’inattivazione del virus eventualmente presente nella cavità orale. Sconsigliano invece l’uso del disinfettante d’elezione, la clorexidina 0.2 %, che tutti usiamo da anni con ottimi risultati nella prevenzione generale del rischio infettivo, anche per abbassare la carica di virus resistenti come l’HBV. L’uso di perossido, anche a percentuali basse, ha numerose controindicazioni, tra cui il rischio di desquamazione degli epiteli orali, oltre ad un sapore molto sgradevole che potrebbe portare un calo della compliance, sia da parte degli odontoiatri, sia da parte dei pazienti.

Si rischia cioè di avere un presidio di disinfezione magari più efficace, ma che genera altre problematiche e potrebbe non essere usato da tutti.

L’uso di povidone, presente in commercio attualmente in Italia come iodopovidione all’1%, da diluire, può anch’esso produrre nella realtà una minore compliance e una non uniforme diluizione da parte di tutti i colleghi. Diluizione del prodotto che è comunque una procedura aggiuntiva che può ulteriormente appesantire le numerose procedure messe in atto per il contenimento del contagio, potenzialmente generando errori o minore adesione alla raccomandazione da parte di qualche collega. La sua fornitura capillare nei prossimi mesi potrebbe altresì essere complicata date le numerose restrizioni che rimarranno in campo, probabilmente per qualche tempo. L’uso di povidone è supportato dagli autori da un articolo del 2006 pubblicato su Dermatology, anch’esso su studi in vitro e su virus SARS, non COVID19. 

Dall’altro lato abbiamo un composto, la clorexidina, già ampiamente utilizzato da decenni, con facilità, dalla quasi totalità degli odontoiatri.

Riteniamo che raccomandare il perossido e il povidone vada attentamente valutato e fatto solo se supportato da solide basi. Stare dal lato della sicurezza teorica dei composti disinfettanti potrebbe nella realtà generare una minore compliance che riduce l’effetto preventivo nella realtà. Gli autori dell’articolo portano a sostegno della loro raccomandazione la quinta edizione delle Guidelines for the Diagnosis and Treatment of Novel Coronaviruses Pneumonia, emesse dalle autorità sanitarie cinesi. Recuperando quelle linee guida, però, benchè siano state lette in una traduzione dal cinese, non abbiamo rinvenuto indicazioni su efficacia di sciacqui di perossido versus clorexidina, ma solo indicazioni sull’efficacia dei due composti sulle superfici (superiore per il perossido, inferiore per la clorexidina).

Questa raccomandazione è ripresa anche in un documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sempre riferendosi alla disinfezione delle superfici. Oltre che in una situazione differente (disinfezione di superfici e non sciacqui orali), le linee guida cinesi non riportano in realtà dati sulla efficacia in sciacqui orali.

La clorexidina è un composto che permane sulle mucose e quindi è plausibile che nel cavo orale abbia una efficacia maggiore che sulle superfici.

Abbiamo contattato gli autori dell’articolo per chiedere chiarimenti e, con estrema tempestività, il Prof. Biao Ren ci ha fornito altri sostegni alla loro raccomandazione. Ci ha riportato una revisione della letteratura pubblicata sul Journal of Hospital Infection sull’efficacia sulle superfici (non nel cavo orale) di vari disinfettanti per una serie di coronavirus. Gli studi riportati dalla revisione sono tutti in vitro e appunto su altri ceppi di coronavirus. In particolare l’unico studio che ha valutato l’efficacia della clorexidina è stato uno studio del 1988 eseguito su ceppi di coronavirus di topi e cani, sempre in vitro. L’articolo riporta effettivamente una minore efficacia di clorexidina 0.2 % su altri ceppi di coronavirus. 

Un altro articolo pubblicato recentemente sul Chinese Journal of Stomatology raccomanda invece l’uso di povidone all’1% (il conosciutissimo Betadine) o cetilpiridinio cloruro allo 0.05%-0.10 %. Anche queste raccomandazioni appaiono basate solo su studi in vitro e su altri ceppi di coronavirus. Le raccomandazioni dei due articoli sono già entrate nel documento emesso dalle CAO Regionali Lombarde, e l’articolo apparso sull’International Journal of Oral Sciences è stato tradotto in Italiano (a sintesi la trovate qui). 

Riteniamo che sia utile un ulteriore approfondimento di questa raccomandazione per cui la nostra opinione comune è che abbia basi scientifiche piuttosto deboli. 

Al momento riteniamo che non esistano solide basi per raccomandare un disinfettante piuttosto che un altro e riteniamo utile che la comunità scientifica possa portare avanti ulteriori ricerche e riflessioni per elaborare una linea di condotta, magari non nell’immediato, ma per i mesi a venire, dove l’emergenza COVID19 rientrerà, ma ci troveremo comunque a dover affrontare la ripresa della nostra attività clinica con una nuova consapevolezza.  

A cura di: Laura Prof. Strohmenger, Ospedale San Paolo, Università degli Studi di Milano; Alessandro Dr. Vitali, Libero Professionista, Bergamo; Alessandro Dr. Villa, Department of Orofacial Sciences. University of California, San Francisco. 


BIBLIOGAFIA

  • National Health Commission of the People’s Republic of China. Guidelines for the diagnosis and treatment of novel coronavirus pneumonia. 5th edition. 

  • Xian P et al. “Transmission routes of 2019-nCoV and control in dental practice” International Journal of oral Sciences (2020) 12: 9 

  • “Persistence of coronaviruses on inanimate surfaces and their inactivation with biocidal agents” J of Hosp Infection 104 (3) 246-251 

  • Li Z and Meng L “Prevention and controlof new coronavirus infection in oral diagnosis and treatment” Chinese Journal of Stomatology, 2020 55 (00)

  • Saknimit M et al “Virucidal Efficacy of physico-chemical treatments against coronaviruses and parvoviruses of laboratory animals” Exp. Anim. 37(3) 341-345, 1988 

  • Federazione regionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Regione Lombardia – Commissioni Albo Odontoiatri. “Linee guida sulla gestione del paziente durante l’emergenze COVID19”.  


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