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COS’É LA SINDROME DA DOLORE MIOFASCIALE?

IL DOLORE MIOFASCIALE:

Il termine miofasciale è apparso in letteratura dal 1940 quando Tavell, Steindler e altri iniziarono a descrivere le aree Trigger miofasciali nel segmento lombare.

Nel 1983  David Simons, Janet Travell e Lois Simons pubblicano il primo manuale riguardo i trigger points ed il dolore miofasciale.

Circa nello stesso periodo Janda e Lewit (Repubblica Ceca) diedero il loro significativo contributo nella descrizione e trattamento degli squilibri posturali e tecniche come il rilascio post  isometrico.

COS'É LA SINDROME DA DOLORE MIOFASCIALE?

La sindrome del dolore miofasciale è il problema clinico più comune relativo al dolore muscolare, coinvolge i sintomi sensoriali, motori e autonomici causati da trigger point miofasciali.

Nonostante il dolore miofasciale sia comunemente riscontrato nella pratica clinica, ci sono ancora pochi professionisti specializzati in questo tipo di trattamento. Nonostante la presenza di numerosi studi nella letteratura scientifica alcuni professionisti ancora oggi ne negano l'esistenza.

  • Skootsky et al. hanno rilevato che 1 paziente su 3 di quelli che si recano del medico di base (circa il 30% ) presenta trigger point miofasciali.

  • In un recente studio riguardante il dolore alla spalla Bron et al. ha concluso che tutti i 72 soggetti inclusi nel loro studio presentavano  trigger point miofasciali nei muscoli dei cingoli scapolari, principalmente nel muscolo infraspinato e nel trapezio superiore.

  • Un altro studio condotto in America dice che l'80-90% di pazienti che si recano da un fisioterapista soffrono di dolore miofasciale.

Vista la diffusione dei trigger points è assurdo che in Italia questo argomento sia ancora così sconosciuto.

Cos'è un trigger point?

Un trigger point  miofasciale è definito come un punto iperirritabile,  all’interno di una banda tesa all’interno di un  muscolo scheletrico che è doloroso alla compressione e può dare origine a dolore riferito, disfunzioni motoria e fenomeni autonomi.

CLASSIFICAZIONE E PRESENTAZIONE CLINICA DELLA SINDROME DA DOLORE MIOFASCIALE

trigger points miofasciali sono classificati in trigger points attivi e trigger points  latenti.

 

Un trigger point attivo è caratterizzato da un  dolore, fenomeni autonomici o un dolore spontaneo in risposta ad uno o più movimenti che possono scatenare il dolore locale o riferito in un area circostante o lontana dal punto trigger con mappe caratteristiche e definite per ogni trigger point .

 

Un trigger point latente è un punto sensibile con dolore o disagio suscitato solo in risposta alla compressione.

 

I trigger point miofasciali (attivi o latenti) seguono caratteristiche cliniche comuni come:

Dolore alla compressione

La compressione di un trigger point può provocare dolore locale e / o dolore riferito che è simile al problema clinico per cui il paziente si rivolge al fisioterapista o al medico.

Qual’ora fosse già presente una sintomatologia al momento dell’esplorazione fisica, la compressione del trigger points di un paziente o può aggravare il dolore e i sintomi già esistenti.

Risposta di spasmo locale

La palpazione a scatto (compressione attraverso le fibre muscolari rapidamente) può provocare una risposta locale di contrazione di una o più fibre del muscolo (una rapida contrazione delle fibre muscolari all’interno o attorno alla banda tesa).

Rigidità muscolare.

Range di allungamento ridotto e maggiore sensibilità all’allungamento delle fibre muscolari in una banda tesa possono causare un aumento della tensione di tutto il muscolo coinvolto con un conseguente aumento della stiffness (rigidità).

Miastenia locale (debolezza)

Il muscolo con  uno o più trigger point può sviluppare debolezza, ma solitamente non si può notare alcuna atrofia.

I pazienti con punti trigger possono avere associati fenomeni autonomici localizzati, tra cui vasocostrizione, risposta pilomotoria e ipersecrezione.

Quando il dolore derivante da un trigger point attivo diventa persistente, il paziente può sviluppare trigger points satellite.

Un trigger point satellite è localizzato nella zona di dolore riferito del trigger point primario(cioè il trigger point attivo originariamente attivato), di solitoil trigger point satellite si sviluppa in un muscolo sinergico sovraccarico [. Questa zona di dolore riferito corrisponde al modello di dolore descritto dal paziente, è spesso descritta come un dolore diffuso, solitamente distante dalla posizione del punto di trigger attivo. Ciò è spiegato dagli effetti della sensibilizzazione centrale e ogni trigger point ha una propria zona di riferimento.

ATTIVITA’ ELETTRICA SPONTANEA

Un’altra caratteristica clinica interessante è l’attività elettrica spontanea (SEA) registrata nei siti di punti trigger miofasciali con elettromiografia ad ago. Il sito di questa attività elettrica è chiamato “locus attivo”. SEA è costituito da potenziali d’azione continui, simili al rumore, che possono variare da 5 a 50 μV, con picchi di ampiezza intermittenti di ampiezza fino a 600 μV. Questo potenziale anormale della placca motrice è causato da un eccessivo rilascio di acetilcolina sulla piastra terminale neurone. L’entità della SEA è correlata all’intensità del dolore in pazienti con trigger point miofasciali.

Nella pratica clinica, però, non vi è alcun beneficio nell’utilizzo dell’elettromiografia e la sua utilità è limitata agli studi di ricerca.

EZIOLOGIA DELLA SINDROME DA DOLORE MIOFASCIALE

PERCHÉ SI FORMANO I TRIGGER POINTS MIOFASCIALI?

Sono diversi i meccanismi che possono portare allo sviluppo di  trigger points  miofasciali, tra cui contrazioni muscolari con basso carico, contratture muscolari, traumi diretti, sovraccarico muscolare, stress posturale, contrazioni eccentriche insolite, contrazioni eccentriche nel muscolo debole e contrazioni concentriche massimali o submassimali. 

Contrazioni muscolari di basso livello :

le contrazioni muscolari a basso carico comportano un sovraccarico selettivo delle prime unità motorie reclutate e dell’ultima rilasciata (“principio della taglia di Henneman” ). Le unità motorie più piccole vengono reclutate prima mentre quelle più grandi dopo; di conseguenza, le fibre di tipo I più piccole vengono attivate continuamente durante le attività motorie prolungate, questo può  provocare un sovraccarico metabolico delle unità motorie con successiva attivazione di processi autonomici e dolore muscolare, questa è anche nota come ipotesi di Cenerentola.

Contratture muscolari:

le contratture prolungate possono portare alla formazione di bande tese all’interno delle fibre muscolari. La banda tesa è il primo segno della risposta muscolare allo stress biomeccanico. Questo può portare alla formazione di trigger points latenti, che possono eventualmente evolvere in trigger points attivi.

Trauma diretto:

un trauma diretto può creare un circolo vizioso di eventi in cui il danno al reticolo sarcoplasmatico o alla membrana cellulare muscolare può portare ad un aumento della concentrazione di calcio, una successiva attivazione di actina e miosina, una relativa carenza di adenosina trifosfato (ATP) ed una compromissione della pompa di calcio, che a sua volta aumenterà ulteriormente la concentrazione di calcio intracellulare, completando il ciclo. In conseguenza a questo circolo perpetuato possono svilupparsi delle bande tese all’interno del muscolo  che favoriscono la formazione di punti trigger miofasciali attivi o latenti.

Contrazioni concentriche massimali o submassimali:

durante contrazioni concentriche massimali o submassimali sono richieste elevate quantità di energia (ATP). Quando le richieste di esercizio iniziano a superare la capacità delle cellule muscolari di produrre ATP, la glicolisi anaerobica inizierà a consumare sempre più l’ATP intracellulare disponibile. Il muscolo finirà per terminare l’ATP e potrebbero verificarsi contrazioni muscolari sostenute, che favoriscono lo sviluppo dei trigger points

FISIOPATOLOGIADELLA SINDROME DA DOLORE MIOFASCIALE:

Il cambiamento iniziale nel muscolo associato al dolore miofasciale sembra essere lo sviluppo della banda tesa.

Sono stati ipotizzati diversi meccanismi per spiegare questa anormalia dell’unità motoria, l’ipotesi  più accettata è l’ “Ipotesi Integrata” sviluppata per la prima volta da Simmons e successivamente ampliata da Gerwin.

L’ipotesi integrata di Simmons è una catena di sei anelli che inizia con il rilascio anormale di acetilcolina. Ciò innesca un aumento della tensione delle fibre muscolari (formazione di una banda tesa). Si pensa che la banda tesa costringa il flusso di sangue che porta ad un’ipossia locale.

L’ossigeno ridotto sconvolge il metabolismo energetico mitocondriale riducendo l’ATP e porta ad una soffernza tissutale e al rilascio di sostanze sensibilizzanti. Queste sostanze sensibilizzanti portano al dolore attivando i nocicettori e conducono anche alla modulazione autonomica che potenzia il primo passo: l’ anormale rilascio di acetilcolina.

Gerwin ha ampliato quest’ipotesi aggiungendo dettagli più specifici. Ha affermato che l’attività del sistema nervoso simpatico aumenta il rilascio di acetilcolina e che l’ipoperfusione locale causata dalla contrazione muscolare (banda tesa)  provoca ischemia muscolare o ipossia portando ad un’acidificazione del pH.

L’ischemia prolungata porta anche a lesioni muscolari con conseguente rilascio di potassio, bradichinine, citochine, ATP e sostanza P che potrebbero stimolare i nocicettori nel muscolo. I risultati finali sono la rigidità e  il dolore osservati nei trigger points miofasciali.

La depolarizzazione dei neuroni nocicettivi causa il rilascio di un peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP).

Il CGRP inibisce l’acetilcolina esterasi, aumenta la sensibilità dei recettori dell’acetilcolina e il rilascio di acetilcolina con conseguente SEA.

In studi recenti Shah et al. hanno confermato la presenza di queste sostanze utilizzando tecniche di microdialisi nei trigger points . Elevate concentrazioni di sostanza P, protoni (H +), CGRP, bradichinina, serotonina, norepinefrina, TNF, interleuchine e citochine sono state rilevate nei trigger points attivi rispetto alle fibre muscolari normali e alle concentrazioni presenti nei trigger point  latenti. Il pH della regione del trigger point attivo è ridotto rispetto al pH del tessuto circostente e più arrivare fino a valori pari a pH 4 (valore pH normale è 7,4) causando dolore e rigidità muscolare e una diminuzione dell’attività dell’acetilcolina con conseguente contrazioni muscolari sostenute.

FATTORI DI PERPETUAZIONE DELLA SINDROME DA DOLORE MIOFASCIALE

In alcuni casi possono esserci fattori perpetuanti che hanno un effetto feed-forward sul dolore miofasciale. Questi fattori possono cronologizzare il dolore e la tenerezza al mantenimento e alla perpetuazione dei trigger points.

I fattori perpetuanti possono anche avere un ruolo importante nell’ampia diffusione del dolore riferito da parte dei  meccanismi di sensibilizzazione centrale.

Esistono fattori meccanici perpetuanti come:

  • Scoliosi

  • dismetrie degli arti

  • Ipermobilità articolare

  • ipertrofia

Ci sono anche fattori perpetuanti sistemici o metabolici come:

  • Ipotiroidismo

  • Insufficienza di ferro

  • Insufficienza di vitamina D

  • Insufficienza di vitamina C

  • Insufficienza di vitamina B12

Fattori perpetuanti psicosociali:

  • Stress

  • Ansia

Altri possibili fattori perpetuanti:

  • Malattie infettive

  • Malattie parassitarie (es. Malattia di Lyme)

  • Polimialgia reumatica

  • Uso di farmaci come ad esempio le  statine

In alcuni casi, la gestione e la correzione di un fattore perpetuante identificato può portare a una completa risoluzione del dolore e può essere l’unico approccio terapeutico necessario per alleviare i sintomi del paziente.

DIAGNOSI DI SINDROME DA DOLORE MIOFASCIALE:

La palpazione è il gold standard per identificare la presenza di bande tese nei muscoli.

La palpazione delle bande tese richiede una conoscenza precisa dell’anatomia muscolare, della direzione delle fibre muscolari specifiche e della funzione muscolare.

La palpazione muscolare deve soddisfare diversi criteri essenziali e osservazioni di conferma per identificare la presenza di trigger points.

Criteri essenziali:

  • Banda tesa palpabile (dove il muscolo è accessibile)

  • Presenza di un nodulo denso all’interno della banda tesa

  • Riconoscimento da parte del paziente del disturbo o del dolore provocato della pressione da parte  dell’esaminatore

  • Limite doloroso del ROM full stretch

Osservazioni di conferma:

  • Risposta di spasmo locale visiva o tattile

  • Sensazione di dolore riferita alla compressione della banda tesa

  • SEA confermato da elettromiografia

L’affidabilità della palpazione interoperatore  è stata oggetto di ricerche scientifiche negli ultimi anni.

Negli studi recenti c’è stato un miglioramento della qualità metodologiche. Rimane però un problema difficile da risolvere perché l’affidabilità della palpazione dipende da un alto livello di competenza dell’esaminatore.

Più l’esaminatore è esperto più è elevata l’affidabilità della palpazione. Per questi motivi ti consiglio di rivolgerti o a me o a professionisti specializzati e certificati nel trattamento dei trigger points e della sindrome da dolore miofasicale.

Per effettuare una buona diagnosi riguardo i trigger point è importante considerare i meccanismi specifici

responsabili della loro formazione. Un errore molto comune nei professionisti non esperti è quello di basarsi solamente sul dolore riferito per identificare il muscolo responsabile della disfunzione, elementi indispensabili li troviamo spesso nell’anamnesi del paziente, ponendo domande corrette per ottenere informazioni riguardo ai possibili meccanismi che hanno creato e che contribuiscono a mantenere la disfunzione.

Per risolvere in maniera appropriata la disfunzione del paziente è necessario scomporla, indagando gli elementi essenziali come ad esempio:

  •    Traumi pregressi

  •     Presenza di cicatrici

  •     Se il trauma è stato di tipo diretto, conoscere la direzione della forza esterna

  •     La posizione del corpo durante il trauma

  •     Il movimento specifico del corpo dopo il trauma

  •     Postura specifica che il paziente assume abitualmente

  •     Se effettua movimenti ripetitivi, conoscere la loro direzione

  •     Meccanismo compensatorio delle pelvi e della colonna in caso di asimettrie

  •     Caratteristiche posizionali e funzionali dei piedi in particolare dell’ appoggio plantare

  •     Tipologia e dinamica dentale

  •     Movimenti funzionali

  •     Movimenti fondamentali

  •     Disfunzioni oculari

Ricerche recenti hanno mostrato risultati interessanti usando l’elastografia a risonanza magnetica. [17] La tecnica prevede l’introduzione di onde cicliche nel muscolo abbinate all’uso di immagini a contrasto di fase per identificare le distorsioni del tessuto. La velocità delle onde è determinata dalle immagini. Le onde di taglio viaggiano più rapidamente nei tessuti più rigidi. La banda tesa può quindi essere distinta dal muscolo normale circostante.

Un’altra tecnica recente utilizzata per confermare l’estensione dei trigger point miofasciali è costituita da sonoelastografia combinata con imaging Doppler. [18]

l’elastosonografia utilizza un sistema di imaging ad ultrasuoni clinico con una sonda lineare da 12-5 MHz, associato a una sorgente di vibrazione esterna o incorporata nella sonda ecografica che funziona a cicli di circa 92 Hz. L’imaging Doppler viene utilizzato per identificare i flussi ematici circostanti.

Ballyns et al. hanno dimostrato nel loro studio che l’elastografia può essere uno strumento utile per classificare i trigger point miofasciali.

Questa tecnica di imaging richiede comunque prima dell’esame  una palpazione manuale preliminare dei punti trigger.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE:

Una fonte di confusione associata al dolore miofasciale è la fibromialgia. È vero che entrambe le patologie possono causare forti dolori muscolari e dolorabilità alla palpazione del tessuto, ma non condividono la stessa eziologia o patogenesi e soprattutto la loro presentazione clinica è differente. Pertanto si dovrebbero distinguere due diverse condizioni.

Nel 1990 l’American College of Rheumatology pubblicò i criteri diagnostici e di classificazione per la fibromialgia. [19] Questa classificazione è stata aggiornata di recente nel 2010. [20] La diagnosi di fibromialgia si basa su una storia di dolore diffuso (per almeno 3 mesi di durata), definita bilaterale, che coinvolge il quadrante superiore, inferiore del corpo e la colonna vertebrale, un’ altra caratteristica della fibromialgia è  la presenza di eccessiva sensibilità se si applica una  pressione a livello di 11 dei 18 siti specifici definiti a livello di muscoli o tendini.

Principali differenze tra dolore miofasciale e fibromialgia:

Dolore miofasciale             

Dolore locale                   

Condizione regionale           

Presenza di bande tese       

Dolore riferito  

Fibromialgia

Dolore diffuso

Dolore bilaterale e assiale

Assenza di bande tese

Presenza di almeno 11 punti su 18 tra quelli definiti

Una diagnosi differenziale dovrebbe essere effettuata tenendo in considerazione anche con altre condizioni quali: spasmo muscolare, dolore neuropatico o radicolare, dolore muscolare ad insorgenza ritardata, disfunzione articolare e miosite infettiva.

GESTIONE E TRATTAMENTO DELLA SINDROME DA DOLORE MIOFASCIALE:

Ci sono due diversi approcci nel trattamento dei punti trigger miofasciali.

 Il trattamento non invasivo e il trattamento invasivo.

TECNICHE NON INVASIVE: 

Esistono numerose tecniche non invasive come la terapia manuale (che a tuttoggi è laterapia elettiva per il trattamento dei trigger point),  terapia ad ultrasuoni , la terapia laser , la stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS) , la terapia con corrente diadinamica,  la terapia farmacologica (ad es. Miorilassanti) e diverse tecniche di terapia fisica e manuale come:

  • Pressione ischemica

  • Tecnica di inibizione reciproca

  • Tecnica mitchell

  • Tecnica di lewitt

  • Tecnica di jones

  • Liberazione compressione

  • Tecnica di fryer e hodson

  • Tecnica di inibizione muscolare integrata chaitow

  • Liberazione posizionale meyers e chaitow

  • Tecniche mio-fasciali manuali 

  • Tecniche mio-fasciali con strumenti esterni es. IASTM

  • Tecniche di selfmyofascial release roll foam, massage stick, ball ecc..

  • Massaggio: a frizione profonda, Rolfing, Cyriax, ecc..

  • Allungamento: passivo, ritmico, Lewit, ecc..

  • Allungamento con ghiaccio spray: STRETCH AND SPRAY

  • Massaggio

  • Ecc.

Spesso queste tecniche vengono abbinate durante la stessa seduta in modo da potenziare l’effetto del trattamento. 

Bron et al. [21] hanno condotto uno studio sul trattamento dei  trigger point miofasciali in pazienti con dolore alla spalla. Hanno deciso di utilizzare solo tecniche manuali associate a esercizi a casa e raccomandazioni ergonomiche. Dopo 12 settimane di trattamento si è verificato un miglioramento statisticamente significativo nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di controllo.

TECNICHE INVASIVE: 

D’ altra parte ci sono diverse tecniche invasive che condividono un obiettivo comune: la disattivazione del trigger point con ausilio di un ago.

Esistono diverse modalità:

  • Dry needling

  • Iniezioni di anestetico

  • Iniezione di tossina botulinica

  • Agopuntura

Agopuntura:

Per agopuntura si intende la tradizionale pratica della medicina cinese che risale a più di 2000 anni fa.

 Fu introdotta in occidente nel 17essimo secolo dai missionari gesuiti, in Francia nel 1940 e negli Stati Uniti solamente nel 1960.

Anche se Melzack et al. trovarono il 71% di corrispondenza fra i trigger point ed i punti di agopuntura per il trattamento del dolore, sono state definite  come due tecniche  completamente differenti.

Dry Needling:

Il Dry Needling (DN) consiste nell’inserimento ripetitivo di un ago fine e flessibile nel trigger point attivo di uno specifico muscolo per produrre una risposta di contrazione locale (risposta di spasmo locale) con conseguente rilassamento muscolare.

Questa tecnica richiede la massima precisione e può richiedere più ripetizioni. Vi sono differenti studi che dimostrano che il Dry Needling è più efficace di altre tecniche, incluso l’anestesia locale. Frost et al a tale proposito hanno dimostrato che l’iniezione locale di una normale soluzione fisiologica nel punto attivo, è più efficace dell’anestetico, dunque hanno proposto che non fosse il materiale iniettato a produrre risultati sul dolore, ma la procedura di inserimento del l’ago attraverso la stimolazione dell’arco riflesso ottenendo così il rilassamento muscolare.

La finalità ultima del trattamento miofasciale è insegnare al paziente il muoversi senza dolore ed il Dry Needling permette rispetto alle altre tecniche di farlo fin da subito, ottenendo una risposta immediata nella riduzione del dolore dunque miglioramento cinestesico.

Dunque il Dry Needling è una tecnica invasiva che ha vantaggi; come l’assenza di reazioni allergiche,  la diminuzione di posibilità di ematomi ed il trattamento di muscoli profondi vicino a fasci neurovascolari. Lo svantaggio della tecnica è che può produrre dolore durante l’esecuzione e post trattamento.

Riferimenti

1.            Skootsky, SA, Jaeger, B. Oye, RK (1989). Prevalenza del dolore miofasciale nella pratica generale della medicina interna. Western Journal of Medicine, 151 (2), 157.

2.            Bron, C., Dommerholt, J., Stegenga, B., Wensing, M., Oostendorp, RA (2011). Elevata prevalenza dei muscoli dei cingoli scapolari con i punti trigger miofasciali nei pazienti con dolore alla spalla. Disturbi muscoloscheletrici della BMC, 12 (1), 139.

3.            Travell JG, SimmonsDG. Dolore miofasciale e disfunzione: il manuale del punto di trigger. 2a ed. Vol 1. Baltimora, MD: Williams e Wilkins; 1999

4.            Punti trigger e sensibilizzazione miofasciale: un modello di dolore aggiornato per il mal di testa da tensione. Cefalalgia, 27 (5), 383-393.

5.            Hubbard, DR, Berkoff, GM (1993). I punti trigger miofasciali mostrano un’attività EMG dell’ago spontanea. Spine, 18 (13), 1803-1807.

6.            Gerwin, RD (2001). Classificazione, epidemiologia e storia naturale della sindrome del dolore miofasciale. Rapporti di dolore e mal di testa correnti, 5 (5), 412-420.

7.            Bron, C., Dommerholt, JD (2012). Eziologia dei punti trigger miofasciali. Rapporti di dolore e mal di testa attuali, 16 (5), 439-444.

8.            Enoka, RM Stuart, DG (1984). Il “principio di taglia” di Henneman: problemi attuali. Tendenze nelle neuroscienze, 7 (7), 226-228.

9.            Thorn, S., Forsman, M., Zhang, Q. Taoda, K. (2002). Attività dell’unità motoria a bassa soglia durante una contrazione statica di 1 ora nel muscolo trapezio. International Journal of Industrial Ergonomics, 30 (4), 225-236.

10.          Kallenberg, LA, Hermens, HJ (2006). Potenziale d’azione dell’unità motoria e proprietà d’azione del potenziale d’azione dell’unità motoria in soggetti con dolore cronico correlato al lavoro. Rivista europea di fisiologia applicata, 96 (2), 203-208.

11.          Gerwin, RD, Dommerholt, J., Shah, JP (2004). Un’espansione dell’ipotesi integrata di Simons di formazione del punto di innesco. Rapporti di dolore e mal di testa correnti, 8 (6), 468-475.

12.          Shah, JP, Danoff, JV, Desai, MJ, Parikh, S., Nakamura, LY, Phillips, TM, Gerber, LH (2008). Le sostanze biochimiche associate al dolore e all’infiammazione sono elevate in siti vicini e remoti rispetto ai punti trigger miofasciali attivi. Archivi di medicina fisica e riabilitazione, 89 (1), 16-23.

13.          Mense, S., & amp Gerwin, RD (Eds.). (2010). Dolore muscolare: diagnosi e trattamento. Springer Science Business Media.

14.          Bron, C., Franssen, J., Wensing, M., Oostendorp, RA (2007). Interraterà l’affidabilità della palpazione dei punti trigger miofasciali in tre muscoli della spalla. Journal of Manual Manipulative Therapy, 15 (4), 203-215.

15.          Gerwin, RD, Shannon, S., Hong, CZ, Hubbard, D., Gevirtz, R. (1997). Affidabilità degli interruttori nell’esame del punto di trigger miofasciale. Dolore, 69 (1), 65-73.

16.          Lucas, N., Macaskill, P., Irwig, L., Moran, R., Bogduk, N. (2009). Affidabilità dell’esame fisico per la diagnosi dei punti trigger miofasciali: una revisione sistematica della letteratura. Il diario clinico del dolore, 25 (1), 80-89.

17.          Chen, Q., Bensamoun, S., Basford, JR, Thompson, JM, An, KN (2007). Identificazione e quantificazione di bande miofasciali tese con elastografia a risonanza magnetica. Archivi di medicina fisica e riabilitazione, 88 (12), 1658-1661.

18.          Ballyns JJ, Shah JP, Hammond J, Gebreab T, Gerber LH, Sikdar S. Obiettivi Misure ecografiche per la caratterizzazione dei punti trigger miofasciali associati al dolore cervicale. Rivista di ultrasuoni in medicina: rivista ufficiale dell’American Institute of Ultrasound in Medicine 2011; 30 (10): 1331-1340.

19.          Wolfe F, Smythe HA, Yunus MB, et al. I criteri dell’American College of Rheumatology del 1990 per la classificazione della fibromialgia: rapporto del Multicenter Criteria Committee. Artrite Rheum. 1990; 33: 160-172

20.          Wolfe F, Clauw D, Fitzcharles MA, Goldenberg D, Katz RS, Mease P, et al. I criteri diagnostici preliminari dell’American College of Rheumatology per la fibromialgia e la misurazione della gravità dei sintomi. Artrite Care Res. 2010; 62: 600-10

21.          Bron e altri: trattamento dei punti trigger miofasciali in pazienti con dolore cronico alla spalla: uno studio randomizzato e controllato. BMC Medicine 2011 9: 8

22.          Alila Medical Media. Sindrome del dolore miofasciale e Trigger Points Treatments, Animation.

23.          TrPTherist. Trigger Point Therapy Course-Part 5 di 7: Trigger Point Treatment

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